ENTROPINO VA IN CITTA'
La valigia ed il fagottino erano disposti dinanzi l'uscio di casa.
Dall'alta montagna scendeva una brezza leggera, nonostante si fosse in piena estate, e la mamma di Entropino si ritirò all'interno a causa del freddo, ma in realtà era una scusa, perché non riusciva a non piangere alla partenza del figlio.
"Sarà un viaggio lungo e pieno di insidie" disse il papà ad Entropino, mentre il ragazzo si caricava il fagotto sulle spalle "in città non é come qui, è difficile trovare radici in una città e, nonostante sia come un formicaio umano, soffrirai molto la solitudine."
"Lo so papà" lo rassicurò Entropino "ho letto molto su quel luogo e sono preparato ai suoi pericoli, d'altronde sai che non ho scelta."
Entropino si riferiva al suo sogno, al suo tormento, erano anni che quasi tutte le notti lo assillava un incubo: da un'unica palla luminosa partivano migliaia di frammenti che pian piano si spegnevano, lasciando un enorme spazio vuoto. Sapeva che il sogno continuava, ma inevitabilmente, arrivato all'estinguersi di quelle luci, il suo cuore era stretto a tal punto da una morsa di ghiaccio che si svegliava gridando.
"Neppure il Saggio del villaggio ha saputo dare spiegazione al mio sogno, non mi resta che rivolgermi ai sapienti della città, la cui conoscenza sembra sia immensa."
"Che lo spirito della volpe e del falco siano con te, figlio mio."
"Certo papà, sarò lungimirante come un falco ed attento come una volpe, salutami la mamma e dille che tornerò."
Così dicendo Entropino scese di corsa verso valle.
Solo dopo due mesi di peripezie arrivò finalmente in città, ma non fu facile trovare dei Saggi, in quel luogo i sapienti venivano chiamati 'scienziati' e sembrava che tutti li conoscessero e che tutti utilizzassero le loro magie, ma nessuno sapeva esattamente dove fossero. Purtroppo, quando finalmente riuscì a contattare alcuni di loro, dovette constatare come non avessero alcuna spiegazione soddisfacente a proposito del sogno che lo turbava.
Come gli predisse il padre, Entropino cominciò ben presto a sentirsi solo e rimpianse di aver intrapreso quel lungo viaggio: si ritrovava al punto di partenza e per di più in un ambiente ostile.
In città tutto era 'uniforme' e lui sapeva quanto l'uniformità fosse simile alla morte: infatti la Vita si sviluppava solo nella 'diversità'. Certo, in città vi erano tanti diversi tipi di uomini: chi aveva la pelle nera, chi bianca, chi bruna... ma, per quanto diversi, tutti quegli uomini vivevano allo stesso modo: si arrabbiavano per un motore guasto, stavano alzati fino a notte tarda grazie alla luce delle lampadine, scaldavano il cibo premendo un bottone e trascorrevano ore davanti allo schermo televisivo in uno stato quasi ipnotico...
Solo in apparenza quegli esseri erano così fantasticamente diversi, in realtà la loro vita non era colorata, ma uniformemente grigia.
Un giorno Entropino vide in televisione un uomo che parlava calorosamente della necessità di 'uguaglianza' fra tutti gli uomini, ma con la vista del falco e con la circospezione della volpe, il ragazzo capì subito che quell'individuo stava parlando non di uguaglianza, bensì di un unico modello di vita: quello tecnologico.
Se da quel viaggio non aveva ottenuto alcuna risposta al suo angoscioso sogno, aveva comunque imparato qualcosa: le più belle creazioni erano tali grazie proprio alla loro diversità, e per questo la città era così alienante, perché macinava tutte le differenze in un immenso tritacarne, producendo un'unica poltiglia incolore.
Ma vi era una magia che lo aveva decisamente conquistato, e fu proprio per questa magia che non tornò indietro, che non ripartì subito per il suo villaggio. La chiamavano la 'rete' , e vi si accedeva attraverso una macchina chiamata 'computer'.
Per Entropino la rete proponeva una 'vera' uguaglianza, dava cioè a tutti gli uomini pari possibilità di conoscenza e informazione e permetteva di fuggire all'uniformità della città grazie alla creazione di nuovi villaggi e tribù, composti da persone fra loro lontane, ma, proprio come in una rete, unite da un unico interesse.
Purtroppo neppure attraverso questa nuova magia riuscì ad alleviare il tormento del sogno che ogni notte lo perseguitava e stava quasi per arrendersi quando, mentre navigava in un sito di cosmologia, trovò una immagine che ricordava sorprendentemente il suo incubo, era accompagnata da una didascalia che diceva: 'L'Eterno Viaggio dell'Universo'.
Tremando Entropino cliccò sull'immagine e subito iniziò un filmato: da un'unica palla luminosa partivano, a seguito di una immensa esplosione, migliaia di frammenti che pian piano si spegnevano, lasciando un enorme spazio vuoto... non vi era alcun dubbio, era proprio il suo sogno, ma ora non vi era alcun sonno da cui svegliarsi. Angosciato stava per spegnere il computer quando l'immagine riprese a muoversi: quelle miriadi di masse fredde lentamente si ricongiunsero in un punto centrale per poi riaccendersi ed espandersi ancora...
Entropino ebbe una folgorazione: il suo sogno non era un incubo, bastava solo avere il coraggio di viverlo fino in fondo... il cammino dell'Universo era quello di ripiegarsi su se stesso per dar impulso ad una nuova vita... come il respiro che sale e scende, come le onde del mare che vanno e vengono.
L'immagine sul video continuò a mostrare per diverse volte quel grandioso spettacolo ed infine comparve una scritta: erano le parole di un Saggio che lui non conosceva, ma leggendole non poté fare a meno di sorridere.
"Questo ordine universale
che é lo stesso per tutti...
é sempre stato, é, e sarà
un fuoco sempre vivo
che secondo misura si accende
e secondo misura
si spegne."
Eraclito
Ora sapeva che non si sarebbe più svegliato, ansimando, nel cuore della notte, e finalmente poteva tornare a casa, dalla mamma e dal papà, con una nuova speranza.
Dante Basili